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I Millennials sono ormai sulla bocca di tutti, soprattutto di chi si occupa di marketing e nuove tecnologie, come uno dei target preferiti delle campagne di comunicazione dei brand. Ne conosciamo abitudini, preferenze, canali di interazione preferiti.
Abbiamo appena imparato a definirli e conoscerli che altri studi e ricerche sulle abitudini di consumo ci presentano un nuovo target da tenere in considerazione: la Generazione Z, i “GenZer”, “post-Millennials” o “Centennials”.
Chi sono questi nuovi consumatori?
Risposta breve: gli attuali adolescenti e ventenni.
Riposta lunga:
Sono i ragazzi nati dopo il 1995 e cresciuti nel mondo digitale, assolutamente ignari del fatto che c’era vita prima degli smartphone, e che presentano caratteristiche simili a quelle dei loro fratelli maggiori, ma ancora più marcate.
Sono curiosi e pragmatici, aperti e collaborativi, e la sfida maggiore che rappresentano è il fatto che la loro fiducia nei brand non è ferma e immutabile, ma va continuamente alimentata e riconfermata (si annoiano facilmente).
Sono abituati a una comunicazione sempre più personalizzata, si aspettano dai brand di riferimento risposte immediate alle loro esigenze e vogliono interagire attivamente con le attività del brand stesso. Per loro lo storytelling diventa storydoing.
Non sono interessati al prodotto che stanno comprando, ma a cosa quel prodotto può fare per loro (è il concetto di servitization di cui parlavo qui).
Il loro social network preferito è Youtube* e sono più propensi, rispetto ai loro coetanei più grandi, a condividere contenuti brandizzati**.
I ragazzi così giovani, mediamente, cercano conforto più all’interno dei gruppi dei loro coetanei che nel confronto con gli adulti.
Ma in questo periodo storico, proprio grazie all’uso dei social network, i brand possono inserirsi nelle loro conversazioni e conquistarne la fiducia, affrontando tematiche a loro care.
Ad esempio, mostrando supporto alla comunità LGBT, alla lotta contro il bullismo, parlando di sessualità e accettazione del proprio corpo, o fornendo informazioni anche su aspetti delicati come disturbi dell’alimentazione, autolesionismo o suicidio. Il tutto, dopo la stesura di un’adeguata strategia di marketing, che sia in linea con il proprio settore, e aiutati dal supporto di esperti.
Il brand, infatti, deve dimostrare di essere credibile e sincero, e per raggiungere questo obiettivo può utilizzare anche degli influencer (che per questa generazione sono fondamentali**).
Un esempio interessante dell’approccio che questa generazione ha con i brand è il caso di Obsessee, un magazine appositamente pensato per la Gen Z (e in particolare per le ragazze) che non esiste al di fuori dei social network.
La testata, infatti, ha profili Facebook, Instagram, Pinterest, Youtube, Snapchat, persino Spotify, ma non ha un sito web, né tantomeno una pubblicazione cartacea. Del resto, dove passano i ragazzi la maggior parte del tempo trascorso online? Obsessee li intercetta esattamente lì, senza fare investimenti su altri fronti.
I contenuti sono scelti e prodotti dai ragazzi stessi (che garantiscono un linguaggio e un tone of voice adatti e comprensibili dai loro coetanei), e spaziano dal fashion, al beauty, alla musica, a fatti di attualità e contenuti di incoraggiamento per affrontare le difficoltà dell’adolescenza.
I nuovi adolescenti rappresentano sicuramente una sfida per chi si occupa di marketing.
Se la vostra azienda vuole intercettare questi giovani consumatori, chiedete una consulenza a Olojin: sapremo indirizzare al meglio le vostre campagne.
*Fonte: Adweek
** Fonte: Tubefilter
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