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Il marketing, e ancora di più il digital marketing, ci ha abituati a termini sempre nuovi da imparare per parlare dei cambiamenti nelle preferenze del consumatore, e, di conseguenza, per poter offrire di volta in volta una consulenza efficace ed aggiornata.
Servitization (spesso italianizzato in “servitizzazione”), in realtà, non è un termine nuovo. Se ne sente parlare già da diversi anni, collegato all’“Internet of things” e al più recente “Industria 4.0” (di cui però vi racconteranno i nostri colleghi del reparto sviluppo).
Il termine fa riferimento alla traslazione di un mercato basato sulla vendita di prodotti a un mercato sempre più basato sui servizi, e questo succede in due direzioni:
- la fornitura di nuovi servizi che aggiunge valore all’acquisto di un prodotto;
- la trasformazione vera e propria di un prodotto in un servizio.
Il cliente cerca un prodotto che sia facile da reperire, ma allo stesso tempo caratterizzato e unico, e che rispecchi la sua personalità e le sue esigenze.
Non vuole più che il suo rapporto con l’azienda termini nel momento dell’acquisto, ma vuole essere seguito anche durante tutto il percorso di utilizzo. In questo modo si viene a creare quella fiducia nel brand che garantisce la continuità del rapporto nel corso del tempo. Ed è qui che entra in gioco l’importanza del servizio.
Dobbiamo prendere ancora una volta Apple come esempio di questo tipo di approccio. Pensiamo al suo prodotto di punta, l’iPhone: non è più possibile considerarlo solamente un telefono, quanto piuttosto come un tutt’uno con i servizi che offre tramite le sue infinite applicazioni. Chi di noi ha comprato il suo smartphone solamente perché ha bisogno di telefonare?
Quando parliamo di servitization, però, possiamo spostare la riflessione dalle aziende che fanno delle nuove tecnologie il loro core business a settori più tradizionali, come quello del food, che noi di Olojin conosciamo bene. Pensiamo all’ultima campagna di Nutella, brand nazionalpopolare per eccellenza, che ha recentemente immesso sul mercato, con la campagna La bellezza di essere unici, sette milioni di barattoli, tutti diversi l’uno dall’altro e dotati di numero di serie, e accompagnandola con una comunicazione basata sui concetti di unicità dell’individuo e di valorizzazione delle differenze. Il consumatore, quindi, acquista non solo una crema spalmabile per la colazione, ma anche un’opera da collezione, e, soprattutto, l’esperienza di sentirsi speciale e unico.
Rimanendo nel settore, è uscita recentemente una ricerca dell’Università Bocconi sul “cibo del futuro”, che, non a caso, si chiama proprio La servitizzazione nel Food & Beverage. I trend evidenziati dallo studio parlano di un cibo che sarà sempre più:
Fate un giro nel vostro supermercato preferito e provate a contare quante volte trovate dei prodotti pronti all’uso (come le confezioni di insalate provviste di condimenti e posate), a km 0, frutto di una lavorazione “lenta”, o ancora brand molto specializzati, che si occupano ad esempio solo di prodotti per celiaci. E quante volte il cliente è messo “al centro” dei valori aziendali?
Quando pensiamo alla servitization, non possiamo poi dimenticare il settore dell’entertainment, in cui è diventata spesso fondamentale per superare la crisi del settore.
I servizi di streaming funzionano, infatti, per la musica, con Spotify, o per i film e le serie tv, con Netflix, Sky e Amazon Prime Video. È di pochi giorni fa, inoltre, l'annuncio di Microsoft dell'arrivo di Xbox Game Pass, un servizio in abbonamento per i videogiochi.
E prima di questi sono arrivati gli e-book e gli e-reader, che hanno reso possibile la lettura di libri e riviste in digitale.
Queste piattaforme, in pochissimi anni, hanno trasformato in servizio quello che prima veniva acquistato come prodotto. Riflettete ancora una volta: chi di noi, infatti, acquista ancora i cd o i dvd? Io, al massimo, sono tornata ai vinili, ma questa è tutta un’altra storia.
Fonti: This Marketers Life; ICT Security Magazine; Diginomica; Corriere Innovazione; Via Sarfatti 25.