BLOG/ #FAREMEGLIO
Se un’agenzia (forse proprio Olojin!) ti ha proposto la creazione un blog o un magazine digitale aziendale, uno dei tuoi primi pensieri deve essere stato: perché dovrei impiegare risorse per produrre contenuti che non riguardano direttamente i miei prodotti?
Forse quel pensiero è durato un attimo, forse te lo stai chiedendo ancora. In questo caso, ecco qualche buona ragione per cui aprire un blog aziendale può essere una buona mossa.
1. Per intercettare consumatori che ancora non sanno di esserlo.
Se hai un’azienda che produce scarpe, difficilmente arriverai in prima pagina sui motori di ricerca con keywords come “scarpe”, ma potresti farti trovare più facilmente con un articolo sul trend dei platform heels.
2. Per farli tornare.
Offrire contenuti curiosi e sempre aggiornati fa tornare sul tuo sito chi ti ha visitato una volta.
3. Per sfruttare la condivisione social e il link earning.
Se un utente trova interessante il tuo contenuto, potrebbe condividerlo sul suo profilo Facebook. Se è un blogger, potrebbe linkarlo in un post. Questo ti assicura anche migliori performance negli algoritmi di visibilità online, che privilegiano i link spontanei e l’apprezzamento reale dei visitatori.
Insomma: perchè ...Google.
Sapete chi ama i siti ricchi di contenuti aggiornati, utili, rilevanti, coerenti e di qualità? I vostri clienti? Certo. I prospect? Anche. Ma soprattutto Google. Ecco perché un buon magazine digitale può aiutare anche l’indicizzazione del vostro sito.
Tre regole d´oro.
Usare un tono di voce coerente con il vostro brand. Creare un piano editoriale vario (non è detto che un magazine sia fatto solo da articoli!), con contenuti rilevanti e di qualità.
Integrarlo con il vostro sito. Il magazine non deve essere un’entità a sé, ma può dialogare con l’aiuto di molti tool, ad esempio permettendo agli utenti di salvare gli articoli preferiti nella propria area personale, premiando i commentatori attraverso il vostro programma loyalty o creando dei link al vostro e-commerce o ad altri contenuti del sito.
Anche questo è connective thinking.
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