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Eddie Valiant: “Seriamente, che cosa ci trovi in quel tizio?”
Jessica Rabbit: “Mi fa ridere”
Immaginate di essere un coniglio e di dover conquistare una bomba sexy che fa la cantante in un club. C’è una sola arma che potete usare: la risata.
Oltre a dirci molto sul rapporto tra uomini e donne, la lezione di “Chi ha incastrato Roger Rabbit?” può darci qualche suggerimento anche sul rapporto tra un brand e il suo pubblico.
Lo humour marketing, o marketing satirico, non è certo una novità: lo pratica qualsiasi commerciante che al mercato racconta barzellette ai passanti. E anche il mondo dell’advertising tradizionale accoglie esempi eccellenti e di successo, anche tra le case history più storiche.
È negli ultimi anni, però, che la caccia alla risata ha avuto un vero e proprio boom, grazie alla diffusione dei social network, nei quali i contenuti umoristici trovano grande eco.
Ma cosa può fare una risata (oltre a conquistare donne fatali e bidimensionali)? Molto.
Può aiutarvi a creare awareness.
Chi presentereste più volentieri alla vostra compagnia: l’amico musone e taciturno o quello divertente? Anche per i brand vale lo stesso.
In un’analisi compiuta su 100 milioni di contenuti online, è emerso che nel 32% dei casi, le condivisioni erano connesse a sensazioni di divertimento e intrattenimento.
Può umanizzare il vostro brand.
Vi è mai capitato di non riuscire a rompere il ghiaccio con qualcuno, finché non è stato il momento di fare una risata insieme? Se il vostro brand sembra distante dal proprio pubblico, farlo ridere vi potrà certamente aiutare a creare un rapporto più stretto.
Può aumentare la vostra credibilità.
Forse questo punto può sembrarvi strano. Ma come? Chi fa ridere è più credibile di chi fa il serio? Anche se sembra assurdo, spesso è proprio così, specialmente quando lo humour si basa sull’autoironia.
In fondo, anche i brand meno validi sono capaci di autoincensarsi, mentre solo chi è davvero sicuro di sé e delle proprie qualità può permettersi di prendersi in giro.
Lo avrete notato: non ho usato la parola “vendere”, e non è stata una dimenticanza.
Far ridere non vi aiuterà ad aumentare i vostri risultati di vendita, o almeno non direttamente. La risata è strategia, e non tattica. Serve a creare un atteggiamento positivo nei vostri confronti, a farvi ricordare, a far parlare di voi.
Naturalmente, anche per cimentarvi nel marketing dello humour, se volete essere efficaci, dovrete seguire qualche regola (o affidarvi a un’agenzia specializzata come Olojin, naturalmente).
1) Non parlate a tutti.
Identificate il vostro target e non abbiate paura a rivolgervi direttamente ad esso, a usare un linguaggio criptico per gli atri (il senso di appartenenza a un gruppo è una leva emotiva sempre forte) o ad escludere esplicitamente altre categorie.
Bill Bernbach sapeva bene che un campione di basket alto oltre due metri non avrebbe mai comprato il Maggiolino, e non ha avuto paura di usarlo come “anti-testimonial”.
2) Fate attenzione alle tematiche controverse
A volte c’è tra essere divertenti ed essere offensivi il confine è sottile. Quando si affrontano tematiche delicate o controverse, dunque, bisogna fare particolare attenzione a come si sfruttano. Questo significa che non è possibile far ridere parlando di certi temi? Assolutamente no. Ricordate come la Metro Trains di Melbourne ha sensibilizzato gli utenti sul tema della sicurezza nelle stazioni?
3) Non abbiate paura di ridere di voi stessi
Come abbiamo detto sopra, l’autoironia è un’arma potentissima. Ammettere i propri difetti è un ottimo modo per rendere ancora più convincenti i propri pregi.
In fondo, nessuno ha mai comprato una Multipla per la sua bellezza, vero?
4) Cogliete l’attimo
Cavalcare un trend topic significa inserirsi in un argomento “caldo” nella mente e nel cuore del pubblico, ma anche dimostrare prontezza e vitalità.
Ricordate come Norwegian ha accolto il divorzio tra Brad Pitt e Angelina Jolie?
E come in poche ore Alitalia ha pubblicato la sua risposta?
5) Non pensate che il vostro brand non possa far ridere.
Se possono farlo loro, possono farlo tutti.
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